L’alimentazione per l’atleta di triathlon
Il dibattito è aperto ormai da tempo: qual è la corretta alimentazione per l’atleta degli sport di endurance, tra cui il triathlon? La risposta è “dipende”. Da tanti fattori. E tra questi sicuramente l’atleta.
Cosa e come deve mangiare quindi un triatleta? Quali e quanti alimenti deve assumere al giorno?
Non voglio darti una risposta precisa, non sono un nutrizionista.
Quello che posso fare invece, è darti qualche informazione utile su quelle che sono le ultime teorie e scoperte in ambito scientifico e più in generale nella comunità sportiva.
Perché oggi l’alimentazione è uno dei pilastri per la costruzione di un atleta.
Se ti va di approfondire questo articolo continua la lettura…
Iniziamo…
Posso affermare con certezza che nel 2018 il concetto di caloria è superato.
Ancora oggi si pensa che un atleta che si allena per molte ore e consuma tante calorie (come il triatleta) deve necessariamente assumere una pari quota di energia.
“Molti studi invece dimostrano che scegliendo con attenzione la giusta strategia alimentare quotidiana, è possibile rinforzare gli stimoli di allenamento migliorando le capacità di endurance”.¹
Il primo obiettivo di una alimentazione sana, bilanciata ed equilibrata è quello di favorire la salute senza creare situazioni di stress psico-fisico.
Per questo motivo la dieta quotidiana deve coprire il tuo fabbisogno giornaliero senza creare scompensi, tenendo in considerazione ogni tua specifica esigenza.
È necessario quindi bilanciare tutti i nutrienti in una dieta, come i carboidrati, le proteine e i grassi, facendo attenzione a quest’ultimi e scegliendo quelli buoni (ad esempio l’olio evo.)
In questa direzione, la metodologia che ha mostrato i migliori risultati a parità di allenamento è quella chiamata “Train Low, Race High”, la quale prevede allenamenti con una scarsa concentrazione di glicogeno (riserva energetica importantissima) effettuando un carico di carboidrati nei giorni pre gara senza più fare un giorno di deplezione (diminuzione di quantità).
Questo metodo si differenza dal carbo-loading, una strategia per riempire i serbatoi di glicogeno ideata da un team svedese negli anni ‘60 del secolo scorso.
Per molti anni questa metodologia è stata utilizzata dai maggiori atleti di endurance e ancora oggi viene addirittura impiegata in ambito sanitario prima di un’operazione chirurgica – ma questa è un’altra storia.
Si è visto però che questa pratica non sempre portava ai benefici promessi, ma anzi, facevano insorgere disturbi come depressione nei giorni pre gara, alterazione dell’umore e problemi muscolari.
Con gli studi scientifici degli ultimi anni, si è osservato che è possibile ottenere gli stessi benefici allenando il proprio corpo ad un’alimentazione bilanciata, insegnando quindi al proprio corpo a consumare i grassi durante e prestazioni di endurance.
Con questa metodologia, particolare importanza l’hanno gli spuntini dopo gli allenamenti, i cosiddetti Recovery Meal. Se assunti entro la prima mezz’ora, favoriscono l’assorbimento dei carboidrati.
Oggi la pratica del carbo-loading è stata sostituita da tutti gli atleti professionisti con quella del Train Low, Race High.
Questa strategia può essere impiegata da tutti quegli atleti che hanno già una certa esperienza con le gare di endurance, ma può essere testata anche dai neofiti, l’importante è che sia per brevi periodi e sempre sotto “sorveglianza” di un nutrizionista.
Attenzione!
E’ fondamentale che l’allenamento con scarsa disponibilità di glicogeno venga effettuato a ritmo medio-basso o basso.
Solo l’allenamento per la forza muscolare non andrebbe effettuato in situazione di carenza muscolare.
Inoltre, come sottolineato all’inizio, è fondamentale valutare l’atleta nella sua globalità, considerando anche il benessere quotidiano e l’efficienza energetica per le ulteriori attività, come ad esempio famiglia, lavoro e tono dell’umore.